Top 10 – Migliori libri del 2019

Salve bimbi! Torno dopo mesi con un post che riassume le mie letture preferite dell’anno. Sono molto soddisfatta del mio 2019 letterario: era almeno un paio di anni che non leggevo così tanto, e soprattutto così bene. Ho fatto fatica a scegliere alcuni preferiti, ma alla fine sono arrivata a stilare questa lista. I primi in classifica sono assolutamente prevedibili se mi seguite su Instagram (soprattutto il primo posto), ma spero comunque che la lista risulti utile o almeno interessante.

Fatemi sapere le vostre letture preferite dell’anno! E buon inizio 2020, cari.

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  1. Kitchen (1988), Banana Yoshimoto

Nelle due novelle contenute in questo libro l’autrice affronta i temi del lutto e della solitudine dal punto di vista di due giovani donne. Come tipico degli autori giapponesi, Yoshimoto presta grande attenzione ai dettagli della vita quotidiana delle protagoniste, anche a quelli apparentemente più banali, conferendo loro dignità. La sua è una scrittura intima, che si sofferma con delicatezza sulle piccole cose ed esplora i legami affettivi attraverso i piccoli gesti quotidiani: un abbraccio, una serata passata insieme, un piatto cucinato per i propri cari. Anche la natura viene osservata attraverso una lente d’ingrandimento: Yoshimoto non ci parla della Natura con la N maiuscola, ma dei singoli elementi che la compongono e con cui interagiscono i personaggi, anch’essi, di fatto, parte della Natura stessa. A farmi innamorare di Kitchen è stata quest’attenzione all’ordinario, che unita al realismo magico permette di affrontare con più serenità il peso dei temi trattati nel libro.

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  1. Possiamo salvare il mondo prima di cena: Perché il clima siamo noi (2019), Jonathan Safran Foer

Dopo Se niente importa, Foer torna con un altro saggio sull’importanza delle nostre scelte alimentari. Questa volta non ci troviamo davanti a un’inchiesta sull’industria della carne, ma a una riflessione più generale sul tema dell’emergenza climatica nel suo insieme (parte del focus, però, rimane sull’allevamento intensivo, visto l’ovvio legame tra i due). Non si tratta di un saggio tradizionale, ma di un genere ibrido che unisce ricerca e narrazione, sfruttando non solo le informazioni raccolte da Foer sul tema del cambiamento climatico, ma anche la sua esperienza personale. Questo permette al lettore di percepire con più concretezza il problema dell’emergenza climatica, la cui portata globale lo fa sembrare distante, come se non avesse conseguenza rilevanti sulla nostra vita. Con estrema onestà, Foer ammette le proprie debolezze e si pone sullo stesso piano del lettore, spingendoci però a diventare più consapevoli del nostro impatto sull’ambiente e del ruolo che giochiamo sul pianeta.

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  1. Le otto montagne (2016), Paolo Cognetti

Questo è stato il libro giusto al momento giusto. L’ho letto a inizio anno, in pieno gennaio, e vista l’ambientazione mi sono completamente immersa nelle atmosfere descritte da Cognetti. Il suo amore per la montagna emerge chiaramente, e ogni descrizione è testimonianza di quanto l’autore conosca quei luoghi, in cui veniamo subito trasportati. Ciò che ho più amato del romanzo è il legame tra i protagonisti, Pietro e Bruno, due ragazzi uniti proprio dalla montagna. Cognetti racconta lo sviluppo della loro amicizia con una dolcezza che ancora ricordo in modo vivido, nonostante sia passato quasi un anno da quando l’ho letto.
Forse sono stata influenzata dal fatto di aver finito L’amica geniale poco prima di iniziare questo libro, ma l’onestà con cui Cognetti esplora le contraddizioni del rapporto tra i due ragazzi mi ha ricordato a tratti le amiche della Ferrante. Anche alcune dinamiche che caratterizzano la loro amicizia sono simili: in un certo senso, la montagna diventa quello che nell’Amica geniale è il rione: un luogo immobile, fermo nel tempo, in cui il protagonista torna ciclicamente per trovarlo esattamente uguale a prima. Pietro va e viene, diviso tra la montagna e Milano, mentre Bruno rimane, arrivando a coincidere sempre di più con la montagna stessa.

– Vuoi venire? – gli chiesi.
– No, non è per me, – disse lui. – Tu sei quello che va e viene, io sono quello che resta. Come sempre, no?

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  1. Lezioni americane (1988), Italo Calvino

Il mio primo Calvino: direi che è un buon inizio.
Questo saggio raccoglie alcune lezioni di letteratura preparate dallo scrittore per un corso che avrebbe dovuto tenere ad Harvard. È un classico “libro sui libri” che qualunque amante della letteratura dovrebbe leggere: ogni capitolo (cinque in totale) corrisponde all’analisi di una caratteristica che secondo Calvino dovrebbe possedere la letteratura.
Non si tratta però di un saggio puramente letterario, anzi: legando la letteratura al più ampio tema della comunicazione, Calvino arriva a toccare argomenti estremamente attuali, come il ruolo della parola in una società ormai dominata dall’immagine. Più in generale, in Lezioni americane si parla di immaginazione: Calvino non è un pessimista, ma esprime il timore che l’immaginazione autentica venga poco a poco soppiantata da immagini preconfezionate, da cui siamo ormai bombardati. Ecco perché diventa necessario coltivare l’immaginazione, anche attraverso la letteratura, che non ci impone immagini prestabilite, ma ci permette di svilupparle autonomamente.

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  1. L’incubo di Hill House (1959), Shirley Jackson

Anche quest’anno Shirley Jackson si aggiudica un posto in questa lista. Nonostante continui a preferire Abbiamo sempre vissuto nel castello, L’incubo di Hill House non ha per nulla deluso le mie aspettative, riconfermando l’originalità di Jackson. Hill House viene presentata come un classico esempio di casa infestata, portando il lettore a credere che sia abitata da creature sovrannaturali pronte a tormentare i suoi inquilini. Il vero aspetto inquietante del romanzo, però, non sono i fantasmi, ma l’effetto della casa sui personaggi, in particolare sulla protagonista, Eleanor. Hill House non fa altro che esasperare paure, ansie e insicurezze già presenti nella ragazza, instaurando con lei un rapporto quasi simbiontico. Jackson sembra volerci dire che la vera paura risiede in noi, e non in fattori esterni; è questo che rende i suoi romanzi così ansiogeni, perché l’horror non deriva dal sovrannaturale in sé, ma dalla consapevolezza che siamo tutti delle Eleanor, con o senza casa infestata.

if we were villains m. l. rio

  1. If We Were Villains (it. Non è colpa della luna) (2017), M. L. Rio

La seconda metà dell’anno è stata segnata dalla scoperta della Dark Academia, di cui If We Were Villains rappresenta un esempio perfetto. Non sono molti i romanzi che rispettano del tutto i canoni di questo “genere”, considerando che si tratta più che altro di un’estetica, ma Rio, sicuramente ispirata da The Secret History di Donna Tartt, riesce nell’impresa.
Gli ingredienti ci sono tutti: l’ambientazione accademica, un gruppo ristretto di studenti privilegiati, pretenziosi e di dubbia moralità, l’amore quasi ossessivo per l’arte, le tinte gotiche, l’omicidio. Rio non ha le capacità stilistiche di Donna Tartt, né riesce a rendere i suoi personaggi altrettanto complessi, ma considerando quanto mi ha coinvolta il romanzo non posso che inserirlo in lista.
I difetti sono tanti, ma lo sono anche i pregi, e questa volta ho deciso di soffermarmi su questi ultimi (ne parlo in modo più approfondito in un post dedicato). Rio riflette sul ruolo dell’arte nella vita di chi decide di dedicarsi completamente a essa, mostrando entrambe le facce della medaglia: se da un lato vivere di ideali ci porta a perdere il senso del reale, dall’altro è spesso l’unico modo per sopportare la realtà.

One thing I’m sure Colborne will never understand is that I need language to live, like food — lexemes and morphemes and morsels of meaning nourish me with the knowledge that, yes, there is a word for this. Someone else has felt it before.

the overstory, richard powers

  1. The Overstory (it. Il sussurro del mondo) (2019), Richard Powers

Non ho  letto moltissimi libri usciti nel 2019, ma considero comunque The Overstory il libro dell’anno. In piena crisi climatica, Powers scrive un romanzo che promuove il rispetto di ogni abitante del pianeta mettendo al centro non l’uomo, come siamo spesso abituati a fare, ma gli alberi. Il rispetto della natura e la sua salvaguardia non sono infatti importanti solo in relazione alla sopravvivenza dell’essere umano: Powers ci parla degli alberi come di creature fondamentali per l’ecosistema terrestre, di cui l’uomo è solo uno dei tanti abitanti. The Overstory ci spinge a vedere il mondo da una prospettiva diversa, senza considerarci necessariamente il centro della Terra. Ho parlato del romanzo qui, nel caso voleste leggere un mio commento più approfondito.

You and the tree in your backyard come from a common ancestor. A billion and a half years ago, the two of you parted ways. But even now, after an immense journey in separate directions, that tree and you still share a quarter of your genes.

pastorale americana philip roth

  1. Pastorale Americana (1997), Philip Roth

Mai, in tutta la sua vita, aveva avuto l’occasione di chiedersi: “Perché le cose sono come sono?” Perché avrebbe dovuto farlo, se per lui erano state sempre perfette? Perché le cose sono come sono? Una domanda senza risposta, e fino a quel momento era stato così fortunato da ignorare addirittura la domanda.

Quando tutto va bene, nessuno si chiede “Perché le cose sono come sono?”. Quando la vita sembra essere perfetta, la si prende per quello che è, senza farsi troppe domande al riguardo. In Pastorale americana Roth ci racconta quello che succede quando una vita di questo tipo viene sconvolta, e l’uomo si deve finalmente porre la domanda: “Perché le cose sono come sono?”. È il caso di Seymour “Lo Svedese” Levov, che si trova a doversi scontrare con il caos che regola l’universo: la figlia Merry, ormai parte di un gruppo terroristico, fa esplodere una bomba nell’ufficio postale del paese in cui vivono, uccidendo un uomo.
Seymour non può fare a meno di chiedersi perché la figlia sia arrivata a compiere quest’azione: quali sono le cause? Lui ne è responsabile? Quest’ultima domanda in particolare lo tormenta: se è davvero colpa sua, a che punto della loro vita ha commesso l’errore fatale che ha portato la figlia prendere una simile decisione?
Il lettore capisce fin da subito che una risposta a queste domande non esiste, e che la ricerca di spiegazioni di Seymour è vana. Ancora una volta, Roth ci regala un romanzo in cui la trama è solo marginale: il vero focus è l’esplorazione dell’essere umano, delle sue fragilità, ipocrisie e contraddizioni. Posto di fronte al caos della vita, l’uomo rivela se stesso per quello che è.

Cause, risposte chiare, a chi dare la colpa. Ragioni. Ma non ci sono ragioni.  […] Nessuno ne sa niente. Non è razionale. È il caos. È il caos, dall’inizio alla fine.

the secret history donna tartt

  1. The Secret History (it. Dio d’illusioni) (1992), Donna Tartt

I primi due posti della lista non sorprenderanno nessuno, ma non posso certo fingere che Donna Tartt non sia stata l’Autrice del mio 2019. Ho già accennato a The Secret History parlando di If We Were Villains: gli ingredienti di base sono gli stessi, anche se la resa è diversa. Tartt si sofferma molto di più sulla corruzione dei suoi personaggi, svelando poco a poco ciò che si nasconde dietro le apparenze. Come Richard, voce narrante del romanzo, anche il lettore rimane inizialmente affascinato dall’aura quasi divina che emanano i cinque studenti; pagina dopo pagina, però, diventa sempre più chiaro che quella perfezione è solo superficiale. Ricchi e annoiati, i cinque sono alla costante ricerca di nuovi stimoli, noncuranti delle conseguenze che le loro azioni potrebbero avere sugli altri.
Quella di Tartt è una satira che colpisce le élite intellettuali, convinte che la loro cultura e soprattutto la loro posizione sociale le rendano intoccabili, superiori a chiunque altro non solo intellettualmente, ma moralmente.

There is nothing wrong with the love of Beauty. But Beauty – unless she is wed to something more meaningful – is always superficial.

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  1. Il cardellino (2013), Donna Tartt

Il primo posto più scontato della storia delle classifiche. Ho già scritto un post approfondito al riguardo, e ne parlo talmente tanto (sia su Internet che nella vita reale) che ripetere concetti detti e stradetti mi sembra inutile, quindi mi limiterò a un paio di considerazioni personali.
Goldfinch è tutto ciò di cui avevo (e continuo ad avere) bisogno. È un ricordo costante del perché l’arte – e in particolare la letteratura – sia una delle colonne portanti della mia vita. È una lettera d’amore all’arte, tanto nelle tematiche trattate quanto nello stile: la scrittura di Donna Tartt può essere percepita come pretenziosa, ma lo sarebbe davvero solo se non avesse nulla da dire, e questo non è il caso. Goldfinch è una riflessione sulla perdita, sul lutto, sul dolore, sull’autodistruzione; e se da un lato ci rende consapevoli della sofferenza insita nella vita umana, dall’altro ci offre un barlume di speranza. Perché finché avremo l’arte a consolarci, a farci sentire capiti e meno soli, continuare a vivere sarà un po’ più facile. Finché ameremo qualcosa di immortale come l’arte, anche noi conserveremo un pezzettino di quell’immortalità. Romanzi come Goldfinch mi fanno sentire incredibilmente fortunata, perché è un onore e un privilegio amare ciò che la Morte non tocca.

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3 pensieri su “Top 10 – Migliori libri del 2019

  1. Ciao!
    Non conosco quasi nessuno dei libri che hai citato, eccezion fatta per L’Incubo di Hill House (che volevo appunto leggere).
    L’hai messo in ottava posizione perché faceva proprio schifo, o perché gli altri ti son piaciuti di più? 🙂

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